Affettività e Apprendimento nella relazione educativa
Gli alunni della scuola secondaria, per lo più delle medie e del biennio delle superiori, sono individui in formazione di personalità, che devono innanzitutto integrare le trasformazioni del proprio corpo al sé psichico. Dai 12 ai 18 anni l’individuo attraversa una fase di accrescimento che comporta una vera e propria mutazione di stato in cui si verifica il difficile passaggio dalla condizione di bambino a quella di adulto.
L’adolescente, infatti, impressionato dalle improvvise e rapide trasformazioni del proprio corpo ed imbarazzato dai nuovi stimoli e dalle nuove pulsioni che ne derivano, finisce per andare incontro ad una vera e propria “crisi di identità”, non sapendo più esattamente né chi è né come deve comportarsi. Si trova come in mezzo ad una burrasca violenta, uno stato di ansia che confina con il panico. Nella loro solitudine interiore, il ragazzo e la ragazza sono presi da confusione, incubi, irrequietezza. “L’adolescenza si caratterizza, dunque, per la presenza costante di un elemento di sfida”, poiché la consapevolezza della differenza esistente tra il reale e il possibile, contribuisce a fare dell’adolescente un ribelle, che mette il possibile a confronto con il reale che gli appare spesso deludente. In questo modo egli può criticare i comportamenti dei genitori che precedentemente aveva idealizzato, intravedendone le debolezze e i difetti tipici di qualsiasi essere umano e potrà accusarli d’incoerenza tra i valori professati e i loro comportamenti.
La denigrazione dei membri del nucleo familiare serve all’adolescente a trovare la forza di lanciarsi anche in altre relazioni, di uscire dalla dipendenza per conquistare un’autonomia, non solo nei comportamenti primari, ma nella propria intimità. La famiglia è mal tollerata dall’adolescente poiché esercita un controllo troppo diretto e intrusivo nella dimensione privata dei sentimenti e delle relazioni. I genitori tendono ad esercitare la stessa funzione normativa (controllo, punizione) che attuavano in precedenza. Il rapporto con gli insegnanti è soggetto più o meno alle stesse dinamiche che definiscono il rapporto adolescente-familiari. Tanto più un docente (come il genitore) è autoritario e la comunicazione con l’alunno è a senso unico dall’alto verso il basso con scarse possibilità d’interazione, tanto più il sapere si costruisce in maniera “cumulativa”, secondo una logica lineare e con limitate possibilità di trasfert da un contesto di apprendimento all’altro. Se invece la comunicazione insegnante-alunno avviene in una modalità dialogica, secondo uno stile “socio-integrativo” (cioè il docente incoraggia, ascolta i desideri dei discenti), gli allievi tendono a manifestare comportamenti positivi (comunicano spontaneamente, partecipano attivamente ecc.).
Quindi è necessario privilegiare il dialogo, poiché l’affettività è “maieutica di apprendimento”: i problemi scolastici non costituiscono che l’appendice di una difficoltà complessiva dell’alunno a far fronte ai compiti evolutivi posti dall’adolescenza. L’apprendimento nasce attraverso un processo che è affettivo e cognitivo insieme e quindi solo un insegnante autorevole e antiautoritario che possiede oltre a nozioni e valori, una mentalità aperta e una capacità critica, permette ai propri discenti, attraverso la partecipazione attiva e la corresponsabilità e la cooperazione, di sviluppare interessi e strutture psichiche (cognizioni, abilità, convinzioni).Laddove si presenti una partecipazione affettiva all’esperienza apprenditiva ci sarà una maggiore fissazione dell’appreso, che si legherà più facilmente alla rete cognitiva del soggetto.
L’operatore della CNV-PNL cerca quindi di ricostruire la storia d’apprendimento dell’interlocutore attraverso procedure di assessment che sostanzialmente possono essere tradotte con il termine valutazione: (Affettività, Apprendimento nella relazione Educativa).